Lo Zibaldone abbradipato

venerdì, novembre 26, 2004

Milano...

Ore 22 e 45 minuti. Cena consumata frugalmente alla pizzeria, un po' squallida, sotto l'ufficio, dopo una giornata (cominciata alle 9) per fare test in laboratorio. L'ora di pranzo l'ho passata con il panino nella mano sinistra ed il mouse nella mano destra. No, non è per affezione al feticcio informatico, è per chiudere la rivista entro i termini prestabiliti. Le luci delle stazioni si alternano al buio delle gallerie, la Metro 1 (qui si chiama con i numeri, non con le lettere) sobbalza e lotta con l'attrito delle rotaie portandomi verso casa dove, con un ultimo slancio, dovrò ricontrollare i testi e metterli sull'FTP, pronti per essere impaginati.

Sembrano le cronache del redattore ritardatario, ma in realtà è quello che si fa quotidianamente quando prendo l'aereo e vado a Milano per quei due o tre giorni prima della chiusura, principalmente per eseguire dei test sull'hardware e risistemare la posta che mi mandano lì.
Ma non ho scritto questo Blog per parlare delle mie peripezie professionali, è per raccontare di come si vive a Milano, di quello che si legge negli occhi di chi viaggia in metro con te.
Milano ha un sistema di mezzi pubblici da panico: sottoterra ci sono 3 metro ed un "passante ferroviario" - l'equivalente di una quarta metro - che coprono palmo a palmo ogni zona del centro. In superficie c'è una fittissima rete di tram, filobus ed autobus che, quasi in rapporto 1 a 1 con le macchine, percorrono praticamente ogni strada della città.
Paradossalmente i milanesi ancora lottano nel traffico, stressandosi e litigando al volante (ma mai facendo a botte, che strano). Pensare che ogni tre fermate (almeno nelle zone più periferiche) ci sono anche dei posteggi "di scambio".
Saliti in metro si vede un po' di tutto. Mentre qui a Roma ci sono solo anziani, studenti e immigrati squattrinati, lì ci vedi manager con il vestito di Armani e la 24 ore di LV, hostess e modelle che vanno a lavoro, casalinghe con i bustoni della spesa e tanti, tanti, tanti stranieri. Ieri ho visto uno scozzese con il gonnellino!! Gli volevo chiedere se suo Zio era Dankan McLaud, ma ho temuto che tenesse la spada sotto la giacca...
Proprio ieri sono tornato ma, anziché pellegrinare fino all'aeroporto, sono andato in Stazione Centrale ed ho preso il Classico Pendolino. Raccolgo la mia copia di Metro (roba che qui non l'ho mai letto, lo vado a leggere a Milano - aarghh) e, chiappe sul sedile, lo comincio a sfogliare. Format abbastanza insulso e titoli poco interessanti, ma d'altronde a caval donato... Le fermate tra ufficio e stazione sono poche, quindi mi sono limitato a rimetterlo sotto braccio e andare a prendere il mio biglietto, conscio del fatto che avrei aspettato un po' più del solito prima di partire.
Beh il tempo da aspettare era di circa un'oretta, giusto il tempo di mangiare qualcosa (dal Mac...) e leggere questo Metro che mi aveva attirato per due titoli: il primo la rottura delle linee aeree di alimentazione della metro 2 (quella verde) per sapere se poteva risuccedere (ovviamente non si può sapere, figurati se lo vanno a dire ai giornalisti di Metro - ammesso che abbiano intervistato qualcuno); il secondo una ricerca sui "milanesi stressati" e sul perché tre su cinque vorrebbero dare un calcio a tutto ed andare a campare in campagna o al mare, lontani da routine stress e happy hour.
Beh credo di far parte di quella percentuale. In meno di 48 ore ho capito quanto questa città sia tristemente produttiva, un luogo dove si trova lavoro in pochissimo tempo, si guadagna bene ma che non da un senso alla vita. Tyler Durden dice "non sei il tuo lavoro", se questo entrasse in testa a tutti quelli che si rovinano vita e salute dividendosi tra metro e brain-storming sicuramente Milano non sarebbe quello che è. Un enorme altare dell'individualismo capitalistico dove ci si sacrifica in nome della professione e del cedolino, dove conta più "l'avere" che "l'essere", dove il divertimento è fatto di "cose fighe" lontani dai "loop sfigati".
Tutto questo si legge negli occhi di chi, la mattina, si trascina da casa (che si riduce quasi ad un dormitorio) ed il proprio ufficio, attraversando strade e marciapiedi come un forestiero a casa propria.
Forse mi sono svegliato, forse sono uscito "dalla campana di vetro", ma se il mondo lavorativo è quensto beh, bella merda (nè)!