Non si smette mai di...
... vantarsi di quello che si è.
Lo stereotipo del professore universitario baronetto sembrava sepolto nei ricordi del '68 quando, sepolti da monetine nel migliore dei casi, hanno dovuto cominciare a dispensare 18 politici per i fancazzisti nati.
Beh siamo tornati indietro. So bene che il mio nome qui compare bene, ed il suo anche comparirà, e molto difficilmente scamperò alla furia di Google nell'indicizzare tutto quello che ogni giorno gira in rete. Aggiungo che il mio prof di semiotica e comunicazione d'impresa è anche piuttosto giovane.
Spero quindi che Google arrivi più tardi dell'appello in cui darò l'esame, altrimenti invecchierò ancora studente per questo blog.
Beh la persona in questione ha la "R" moscia e si mangia alcune parole. Insomma si fa fatica a capire cosa dice. A questo aggiungiamo che il suo vocabolario è quantomeno improbabile. Su 10 parole una-due non le ho mai sentite in vita mia, magari le avrò lette su qualche libro.
Postura. Braccia aperte a formare una sorta di V rovesciata. Microfono (ben posizionato) al centro, di fronte alla sua faccia. Schiena eretta.
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Scade il quarto d'ora accademico, lui lo vede dall'orologio da refettorio messo dietro le nostre spalle; si accende la luce rossa "on air" e scatta lo show. La persona in oggetto si compiace della sua posizione più elevata della nostra e, con arzigogolati artifici linguistici, gode nel far fioccare "eeeh?!" in aula, scegliendo a caso uno dei malcapitati e prendendolo per il culo sul suo abbrutimento culturale.
Praticamente ci troviamo davanti ad un ventilatore da scena (150km/h di vento) che ci spara in faccia (come giornali o fogli di carta) pillole di cultura incatalogabili, costringendo la gente in aula a sbuffare e disperarsi per la sua misera posizione, o a cadere estasiata nell'irradiazione di cotanto carisma umano.
L'età forse mi ha reso un po' (giusto un po', perché poi mi rovino qui) volpino, ben conscio che il prof nella sua testa elabora giudizi sommari su ogni faccia presente in aula. E con una persona di questo tipo occorre improvvisarsi struzzo, dispensare la giusta quantità di interesse (troppo poi fa uscire rincoglioniti dalla lezione) e rinunciare a prendere appunti con un minimo di consequenzialità logica.
Esempio: mentre si parlava di un po' di storia semiotica e del passaggio dall'oralità alla scrittura alla stampa ai nuovi media è uscito di tutto. Da una parte i preti amanuensi, poi il racconto dei primi 30 secondi di "Quarto potere", poi la mancanza di originalità per Gutenberg (ha inventato la stampa a caratteri mobili!!!!) e poi la chicca. La quadratura del cerchio.
Ho scoperto perché tutto questo.
Ho scoperto la mancanza di umiltà e di umanità dov'erano finite.
Ho scoperto da dove proveniva tutto questo.
La prendo larga: chi non si è chiesto perché un film che fa cagare il pubblico piace alla critica, e viceversa? Chi leggendo i pareri su un film non si è detto "macheccazzostaddìquesto?!?".
La risposta, retorica, non ha necessità di essere detta. La domanda è il problema.
Il mio professore di semiotica non solo è un critico cinematografico. Non solo scrive quello che pensa sui film. Non solo scrive su una rivista che qualcuno paga per leggere.
E' il direttore del Cinematografo, rivista di proprietà dell'ente dello spettacolo.
E allora, quaderno e penna alla mano, silenzio in sala - si abbassino le luci - Dario Edoardo Viganò va in scena con "Semiotica e comunicazione d'impresa"... peccato non si possa gustare gli applausi a scena aperta...
Lo stereotipo del professore universitario baronetto sembrava sepolto nei ricordi del '68 quando, sepolti da monetine nel migliore dei casi, hanno dovuto cominciare a dispensare 18 politici per i fancazzisti nati.
Beh siamo tornati indietro. So bene che il mio nome qui compare bene, ed il suo anche comparirà, e molto difficilmente scamperò alla furia di Google nell'indicizzare tutto quello che ogni giorno gira in rete. Aggiungo che il mio prof di semiotica e comunicazione d'impresa è anche piuttosto giovane.
Spero quindi che Google arrivi più tardi dell'appello in cui darò l'esame, altrimenti invecchierò ancora studente per questo blog.
Beh la persona in questione ha la "R" moscia e si mangia alcune parole. Insomma si fa fatica a capire cosa dice. A questo aggiungiamo che il suo vocabolario è quantomeno improbabile. Su 10 parole una-due non le ho mai sentite in vita mia, magari le avrò lette su qualche libro.
Postura. Braccia aperte a formare una sorta di V rovesciata. Microfono (ben posizionato) al centro, di fronte alla sua faccia. Schiena eretta.
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Scade il quarto d'ora accademico, lui lo vede dall'orologio da refettorio messo dietro le nostre spalle; si accende la luce rossa "on air" e scatta lo show. La persona in oggetto si compiace della sua posizione più elevata della nostra e, con arzigogolati artifici linguistici, gode nel far fioccare "eeeh?!" in aula, scegliendo a caso uno dei malcapitati e prendendolo per il culo sul suo abbrutimento culturale.
Praticamente ci troviamo davanti ad un ventilatore da scena (150km/h di vento) che ci spara in faccia (come giornali o fogli di carta) pillole di cultura incatalogabili, costringendo la gente in aula a sbuffare e disperarsi per la sua misera posizione, o a cadere estasiata nell'irradiazione di cotanto carisma umano.
L'età forse mi ha reso un po' (giusto un po', perché poi mi rovino qui) volpino, ben conscio che il prof nella sua testa elabora giudizi sommari su ogni faccia presente in aula. E con una persona di questo tipo occorre improvvisarsi struzzo, dispensare la giusta quantità di interesse (troppo poi fa uscire rincoglioniti dalla lezione) e rinunciare a prendere appunti con un minimo di consequenzialità logica.
Esempio: mentre si parlava di un po' di storia semiotica e del passaggio dall'oralità alla scrittura alla stampa ai nuovi media è uscito di tutto. Da una parte i preti amanuensi, poi il racconto dei primi 30 secondi di "Quarto potere", poi la mancanza di originalità per Gutenberg (ha inventato la stampa a caratteri mobili!!!!) e poi la chicca. La quadratura del cerchio.
Ho scoperto perché tutto questo.
Ho scoperto la mancanza di umiltà e di umanità dov'erano finite.
Ho scoperto da dove proveniva tutto questo.
La prendo larga: chi non si è chiesto perché un film che fa cagare il pubblico piace alla critica, e viceversa? Chi leggendo i pareri su un film non si è detto "macheccazzostaddìquesto?!?".
La risposta, retorica, non ha necessità di essere detta. La domanda è il problema.
Il mio professore di semiotica non solo è un critico cinematografico. Non solo scrive quello che pensa sui film. Non solo scrive su una rivista che qualcuno paga per leggere.
E' il direttore del Cinematografo, rivista di proprietà dell'ente dello spettacolo.
E allora, quaderno e penna alla mano, silenzio in sala - si abbassino le luci - Dario Edoardo Viganò va in scena con "Semiotica e comunicazione d'impresa"... peccato non si possa gustare gli applausi a scena aperta...
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