Lo Zibaldone abbradipato

martedì, ottobre 26, 2004

Le olimpiadi dei PR

Tanta assenza ha una spiegazione ben precisa: Smau.
Sono stato a Milano, ho visitato il meno possibile Smau, ed ho conosciuto pr in quantità industriali, tutti impegnati a fare i bravi con me e a darmi supporto perché, ormai è ufficiale, sono diventato un opinion leader.
Venerdì chiude la rivista, e tantissimi pr hanno sgomitato per accaparrarsi le ultime pagine sulla rivista, felici di avere una "seconda opportunità" per promuovere il loro prodotto che, con chi c'era prima di me, era stato trattato male. Chi sono questi PR dell'IT?
Ragazzi poco più grandi di me, sui 28-30 anni, vivono da soli, percepiscono stipendi da "Milano bene", raramente si muovono in macchina ma soprattutto non sono preparati in marketing.
Ora le cose sono due: o i miei studi mi stanno facendo diventare una sorta di messia del marketing, o il mercato IT è ancora troppo poco "customer oriented" per permettersi un ambiente di marketing funzionante.
Niente ricerche di mercato, niente ricerche sul brand awareness, scarsa conoscenza dei segmenti e dei mercati obiettivo, pochissima cultura sulla customer satisfaction.
Pr disperati venivano da me dicendo "il prodotto è buono, il fabbricante è il secondo al mondo come capacità produttiva e ci sono milioni di dollari che vengono spesi nella ricerca... perché (con tono afflitto) non vendiamo come - metti il nome del concorrente qui - ?".
In queste situazioni mi sono sentito un po' come all'università, quando ho lottato per il 30 all'esame: "beh intanto dai un'occhiata ai segmenti che riesci a raggiungere meglio con la tua mission, controlla se il ritorno pubblicitario è quello aspettato, verifica che il prezzo sia giusto e che la distribuzione faccia realmente trovare il prodotto nei negozi. Poi chiama i tuoi capi a Taiwan e fatti raddoppiare il budget di marketing, o comunque fattelo portare allo stesso livello di Francia e Spagna che sono mercati equivalenti all'Italia per il settore IT".
Tutti a bocca aperta. "E' vero, non ci avevo pensato, il segmento, i clienti, i prodotti, il packaging..."
Tutte pippe mentali che solo un esperto di marketing conosce a menadito (io no) e tutti elementi che miscelati correttamente rendono un prodotto valido qualcosa che demolisce il mercato e lo costruisce a sua immagine e somiglianza.
Insomma sono arrivato a chiedermi se effettivamente sia il giornalismo il mondo che dovrà accogliermi e sopportarmi (approposito l'appuntamento è in edicola intorno al 15 novembre), o se dovrò mettermi una mano sul cuore e cominciare ad aiutare tutti questi PR factotum che, da soli, devono gestire un intero mercato di squali, dormendo 5 ore a notte, lavorando anche 10-12 giorni di fila e portandosi appresso un'agenda che sembra un compendio.
Forza ragazzi, tenete duro!!
Ah dimenticavo, all'esame di marketing ho preso 28.


mercoledì, ottobre 20, 2004

Non si smette mai di...

... vantarsi di quello che si è.
Lo stereotipo del professore universitario baronetto sembrava sepolto nei ricordi del '68 quando, sepolti da monetine nel migliore dei casi, hanno dovuto cominciare a dispensare 18 politici per i fancazzisti nati.
Beh siamo tornati indietro. So bene che il mio nome qui compare bene, ed il suo anche comparirà, e molto difficilmente scamperò alla furia di Google nell'indicizzare tutto quello che ogni giorno gira in rete. Aggiungo che il mio prof di semiotica e comunicazione d'impresa è anche piuttosto giovane.
Spero quindi che Google arrivi più tardi dell'appello in cui darò l'esame, altrimenti invecchierò ancora studente per questo blog.
Beh la persona in questione ha la "R" moscia e si mangia alcune parole. Insomma si fa fatica a capire cosa dice. A questo aggiungiamo che il suo vocabolario è quantomeno improbabile. Su 10 parole una-due non le ho mai sentite in vita mia, magari le avrò lette su qualche libro.
Postura. Braccia aperte a formare una sorta di V rovesciata. Microfono (ben posizionato) al centro, di fronte alla sua faccia. Schiena eretta.
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Scade il quarto d'ora accademico, lui lo vede dall'orologio da refettorio messo dietro le nostre spalle; si accende la luce rossa "on air" e scatta lo show. La persona in oggetto si compiace della sua posizione più elevata della nostra e, con arzigogolati artifici linguistici, gode nel far fioccare "eeeh?!" in aula, scegliendo a caso uno dei malcapitati e prendendolo per il culo sul suo abbrutimento culturale.
Praticamente ci troviamo davanti ad un ventilatore da scena (150km/h di vento) che ci spara in faccia (come giornali o fogli di carta) pillole di cultura incatalogabili, costringendo la gente in aula a sbuffare e disperarsi per la sua misera posizione, o a cadere estasiata nell'irradiazione di cotanto carisma umano.
L'età forse mi ha reso un po' (giusto un po', perché poi mi rovino qui) volpino, ben conscio che il prof nella sua testa elabora giudizi sommari su ogni faccia presente in aula. E con una persona di questo tipo occorre improvvisarsi struzzo, dispensare la giusta quantità di interesse (troppo poi fa uscire rincoglioniti dalla lezione) e rinunciare a prendere appunti con un minimo di consequenzialità logica.
Esempio: mentre si parlava di un po' di storia semiotica e del passaggio dall'oralità alla scrittura alla stampa ai nuovi media è uscito di tutto. Da una parte i preti amanuensi, poi il racconto dei primi 30 secondi di "Quarto potere", poi la mancanza di originalità per Gutenberg (ha inventato la stampa a caratteri mobili!!!!) e poi la chicca. La quadratura del cerchio.
Ho scoperto perché tutto questo.
Ho scoperto la mancanza di umiltà e di umanità dov'erano finite.
Ho scoperto da dove proveniva tutto questo.
La prendo larga: chi non si è chiesto perché un film che fa cagare il pubblico piace alla critica, e viceversa? Chi leggendo i pareri su un film non si è detto "macheccazzostaddìquesto?!?".
La risposta, retorica, non ha necessità di essere detta. La domanda è il problema.
Il mio professore di semiotica non solo è un critico cinematografico. Non solo scrive quello che pensa sui film. Non solo scrive su una rivista che qualcuno paga per leggere.
E' il direttore del Cinematografo, rivista di proprietà dell'ente dello spettacolo.
E allora, quaderno e penna alla mano, silenzio in sala - si abbassino le luci - Dario Edoardo Viganò va in scena con "Semiotica e comunicazione d'impresa"... peccato non si possa gustare gli applausi a scena aperta...

lunedì, ottobre 18, 2004

First past the post

Cuffie in testa, Baptism (by LK) a tutto volume, rieccoci a scrivere due righe sul blog.
Intanto parliamo del titolo: fa parte dello slang mediatico anglofono, ma non dico di più, dopotutto c'è Wikipedia che fa rimanere a bocca aperta se si cerca una qualsiasi cosa (l'importante è conoscere un po' di inglese). Diciamo che suona come un "chi vince prende tutto".
Quello che vorrei fare oggi è parlare della mia situazione attuale. Come si fa nei blog veri insomma.
Beh le lezioni sono cominciate a pieno regime (solo Teologia2 comincia sabato prossimo - tanto non ci va nessuno uguale), il 20 ho la scadenza per consegnare qualche articolo (per ora siamo a quota 3), il 21 comincia Smau (dovrò essere a Milano fino al 25 credo), il 27 la rivista va in stampa ed il 30 vorrei finalmente mettere le chiappe sulla moto e farmi un bel viaggetto tirando le marce tra una curva e l'altra, tra quelle sparse in giro per l'Italia.
In questi momenti (ho appena chiuso Word), con "where are we runnin'" nelle orecchie, mi chiedo per chi faccio tutto questo. La differenza tra quello che si "deve scrivere" - cioè gli articoli - e quello che si "vuole scrivere" - potenzialmente un blog - dovrebbe essere zero per avere la massima soddisfazione personale. Almeno secondo i miei canoni professionali.
Eh sì, non so il perché, ma non lavoro per soldi. E neanche per la gloria. Non so perché.
Sì, fanno comodo quei tot euro a fine mese sul conto (ci pago anche la rata della moto!), ma non sono di quelle persone che si misurano a cedolino...
Eppure faccio le 2 di notte a lavorare, scrivendo fiumi di parole e fondendo i database di Google acquisendo informazioni, definizioni, cifre, prezzi, caratteristiche e quant'altro, per la gioia di chi poi, chiappe sulla tavoletta la mattina alle sette, saprà dell'ultimo ritrovato ipertecnologico per il pc.
Diciamo che lo faccio perché mi diverto.
Poi la mattina casco dal letto, salto sull'autobus, e quadernino alla mano sgomito con matricole che magari hanno passato la sera prima al pub con gli amici.
Eppure con loro mi ci trovo bene, alla fine sono un ottimo camaleonte sociale (merito dei trascorsi come pr in discoteca) e - vestiti pischelli addosso - sparo cazzate sull'ultima trasmissione stupida che c'è in tv o prendo per il culo il malcapitato tizio che si presenta a lezione vestito in modo quantomeno improbabile.
Una situazione paradossale quindi: una professione di giornalista che spinge sulla porta tenuta chiusa dalla mia occupazione universitaria (presa quando stavo per cominciare a lavorare seriamente), serate alcoliche con pischelli appena usciti dal liceo, nottate passate a lavorare e pomeriggi passati tra le braccia della mia donna (letteralmente, quando sto con lei stacco il cervello), sempre quando non finisco la lezione alle 19.
Aggiungo un'università cattolica da 4500 euro l'anno, un hobby davvero folle (sono editor e manager di questa parte di sito), una passione senza freni per tutto quello che ha due ruote, un piede destro pesantissimo quando sono al volante e la voglia di divertirmi, senza esagerare.
Chissà se un giorno, panzetta e pochi capelli in testa, rileggerò queste parole con una ben poco sottile vena di nostalgia, magari con qualche rimpianto e tanti problemi per arrivare a fine mese.
Spero solo di non alzarmi una mattina e scoprire che la mia serenità d'animo, il mio granitico equilibrio, il mio sano "sticazzismo", non siano frutto di una massiccia dose di egoismo ed egocentrismo che la vita quotidiana cerca in tutti i modi di propinarmi ogni giorno.
Film della settimana: "Equilibrium". Merita davvero.

martedì, ottobre 12, 2004

Dov'è finita la banalità nei blog?!

Qualche mese fa ho scritto un articolo al vetriolo dedicato ai blog. In questo articolo (se ritrovo il .doc lo metto qui) parlavo del blog come un diario aperto, un luogo dove fare false confessioni, un altare della banalità e dell'esibizionismo.
In verità non è proprio così, aprendo "blog a caso" (c'era un pulsante apposito qui da qualche parte) spuntano idee, concetti, storie che di banale hanno ben poco.
L'importante è non aprire assolutamente "i più letti" perché (il Primo Teorema della TV insegna) sarà il più stupido, banale, inverosimile e ridicolo di tutti. Un po' come in televisione.
Oggi ricomincio le lezioni all'università. Dopo la mia invettiva su chi ha fatto gli orari (sovrapposizioni e lezioni ad orari impossibili - oggi finisco alle 19), è giunto il momento di ficcarsi il quadernino sottobraccio e trottare saltellando verso l'aula Pizzardo.
Questo comporterà una drastica riduzione del mio tempo libero, visto che ho anche da scrivere qualche articolo per la Rivista.
Giusto ieri, invece, mi sono trovato a disquisire con la mia "dolce metà" sulla propaganda (oltre che sulla drastica riduzione del tempo libero).
Eh sì, non ci credo neanche io, ma al posto dei "piccipicci" e dei vari "qual'è la parte della fascia lombo-sacrale che ti piace di più" (sostituire lombo-sacrale con un'altra area anatomica scelta a piacere), parliamo di cose un po' più serie (non sempre eh). Il motivo principalmente è dovuto all'appartenenza a culture che oggi si contendono la leadership mediatica mondiale.
Insomma, è islamica.
Tralascio il capitolo "dove l'hai pescata" per saltare alla conclusione che ieri abbiamo tratto da un un'oretta di confronto (forse erano meglio i piccipicci): quanta propaganda venga fatta nell'una e nell'altra direzione da qualunque mezzo d'informazione.
Il tutto è nato dalla classica domanda "perché puoi tollerare azioni terroristiche dei tuoi vicini di casa?".
Ho scoperto che il tutto nasce da una serie di sentimenti provocati dalle informazioni che gli vengono propinate quotidianamente.
Ecco dove siamo arrivati: l'informazione per funzionare ha sempre più bisogno di fare leva sui setimenti delle persone, non sulla razionalità. Quello che ci fanno vedere in televisione non è strutturato per farci conoscere gli eventi, ma per avere una sensazione omologata (che in genere è uguale ad opinione omologata) su un evento che, elevato ad evento mediatico, conosce la notorietà sottoforma di notizia.
Fin qui non ci vedo niente di male. Lo stesso Disney ha toccato i sentimenti di generazioni per la lotta alla caccia (Bambi), ma fin qui non ci vedo niente di male.
Quello che non va bene è una propaganda che sfrutti i sentimenti della gente per fomentare l'odio e l'intolleranza verso individui che razionalmente potrebbero benissimo vivere nell'appartamento di fronte al nostro.
Quanti di noi "odiano" un ragazzo islamico solo perché nell'immaginario collettivo vuol dire "bomba"?

mercoledì, ottobre 06, 2004

E si torna tra i banchi...

Giusto oggi è uscito l'orario delle lezioni che frequenterò questo semestre, e comincerò lunedì.
Beh alcune sono micidiali e, per la seconda volta, hanno messo la lezione di Teologia alle 8 di mattina.
Cioè secondo loro io mi alzo la mattina prima delle 7 per sentirmi il docente di Teologia? Vogliamo le aggravanti? Eccole:
1 - nessun'altra lezione comincia a quest'ora. Significa che il resto della settimana dormo comunque di più.
2 - anche l'anno scorso era la stessa storia, se ci si alzava alle 7 era perché Teologia cominciava alle 8 o poco dopo.
3 - la più grave: LA LEZIONE è DI SABATO!!!

Ora mi chiedo: per quei due miseri crediti che mi verranno dati a fine anno io il venerdì sera non faccio tardi perché il sabato mattina alle 8 devo stare all'università?!
Ma il docente non c'ha nient'altro di meglio da fare che dormire questo cazzo di sabato mattina? E quei poveri stronzi che abitano a 25km dall'università che fanno, si accampano lì direttamente il venerdì notte?!
La beffa? Eccola: hanno usato l'aula più grande che abbiamo all'università, la c.d. Giubileo, usata da Legambiente per i suoi meeting radical-chic. Ci entrano tranquillamente 600 persone.
Peccato che il mio corso è a numero chiuso e siamo 150 iscritti. Levate le assenze sbobinerò la versione religiosa della Coscienza di Zeno.

Soluzione: mi metto d'accordo con i miei colleghi (ne conosco poco più di una cinquantina) e faccio spargere la voce che Sabato non dobbiamo andare all'università a frequentare la lezione.
Anzi organizzo pure un after-hour venerdì notte davanti all'ingresso dell'università, così ce ne andiamo poco dopo che il prof è entrato e meniamo i krumiri che non hanno scioperato.
Vabbé che l'università è cattolica, vabbé che stamo vicini a San Pietro, vabbé che alla fine è un esame da due righe ma quando è troppo, è troppo!!!

domenica, ottobre 03, 2004

Mode e tendenze...

Proprio due notti fa mi sono visto un filmone con la F maiuscola, "Salvate il Soldato Ryan". A parte il film Spielberghiano (non ci sono aggettivi migliori), mi sono soffermato su alcuni particolari che mi hanno fatto riflettere.
Ragazzi della mia età (o anche più giovani) sono morti combattendo il nazismo. C'è poco da dire. Queste persone saltavano su aerei, navi e pullman, si mettevano al collo una targhetta e fucile alla mano sparavano su altri ragazzi della loro età, solo che stavano "dalla parte del nemico".
Questi pensieri mi hanno portato a com'era la guerra allora, dove si comunicava ad urla (adesso ci sono radio con laringofoni), si scrivevano lettere a casa con la stilografica, si guardavano di nascosto le pin-up e si sparava con fucili pesanti ed imprecisi.
Lungi da me il sapere com'è veramente la guerra "vista da dentro", ho pensato che oggi si invierebbero email o sms e si telefonerebbe con il satellitare sul cellulare della mamma che, nel frattempo, sta con il carrello della spesa a comprare i cereali con la crusca, "a miglia di distanza".
L'utilizzo dell'unità di misura anglosassone è voluto: gran parte degli stereotipi che ci vengono fatti ingurgitare dalla tv sono proprio di origine americana. Proprio quell'America che ha liberato i nostri nonni e non solo.
E allora, parlando di stereotipi, mi sono trovato a fare un parallelo tra i miei nonni, a 25 anni, e me. Oggi la principale occupazione di chi ha la mia età è quella di seguire mode o tendenze, schivare i "loop sfigati", e rendere propria un'ideologia (accuratamente confezionata) presa da qualche fonte mediatica che difficilmente assomiglia ad un libro.
E allora ecco che ci si compra il cellulare con la fotocamera "perché fa figo", le scarpette della Merrel "perché sono carine", i jeans strizzachiappe+paccoinvista perché fa "gay" e quindi "fa tendenza", il "wikendino" a Cortina-PortoErcole-Circeo-MilanoMarittima perché sennò non sei nessuno... e così via, per la felicità dei ricercatori di mercato e dei pubblicitari che, con un paio di belle tette ed un'ambientazione tipicamente holliwoodiana, attirano come mosche centinaia di migliaia di giovani che hanno le famigerate "poche idee, ma confuse".
MA finché si parla di questo, cavoli loro, o cavoli nostri, alla fine sprecare soldi (magari da mettere da parte per aprire una piccola attività e risolvere il problema occupazione - ad esempio) non sono fatti di nessuno, se non del diretto interessato.
Quello che però mi lascia basito è il discorso politica. Porto alla luce un evento agghiacciante: Flavia Vento - soubrette famosa per quanto è stordita - ha fatto mettere le mani nei capelli a chi l'aveva invitata al meeting della Margherita a Monopoli, tirando fuori perle da raccogliere la mascella.
Anche io mi sono messo le mani nei capelli e, ritornando a quanto detto sopra, ho ripensato al fatto che tanta gente della mia età - abituata a mimetizzarsi e a scegliere ideali in scatola - segue orientamenti politici come se fosse il nuovo cellulare che fa i filmini.
E allora "addosso a Berlusconi perché fa intellettualino sinistorso", o "addosso agli extracomunitari perché sono coatto e spacco tutto".
Figli della tv e dei Transformers, continuate così. La politica ormai si gioca sulle prime pagine dei quotidiani, vince chi la spara più grossa e poi va da Vespa a riempire le scatole di cui sopra ci cazz@te scelte a caso dal mucchio. L'importante è che l'immane elettorato di decerebrati metta la crocetta sul loro disegnino - pardon simbolo - e permetta loro di rubare 4 anni di contributi a chi si fa il culo dalla mattina alla sera.
Una mia cara amica (sì sempre lei - quella del 600rr) mi ha parlato del tradimento dei chierici.
Beh, visto quello che sta succedendo oggi, il tradimento non è mai finito e vive prospero nell'ombra dell'omertà di chi dovrebbe parlare, e nella mafia di chi non gli da voce.